La fotografia del profondo cielo sta conoscendo da anni una popolarità senza precedenti. I motivi di questo successo sono molteplici, ed hanno radici antropologiche, sociologiche e tecnologiche. Tra le probabili cause di tipo sociologico citiamo l'affermarsi della cultura dell'immagine ed il fascino che esercita sull'uomo l'immensità dello spazio profondo. Le cause tecnologiche possono essere individuate nel costante affinamento della tecnologia dei telescopi per dilettanti e la crescita esponenziale della sensibilità e della capacità analitica delle pellicole fotografiche reperibili sul mercato.
Non c'è dubbio che realizzare una bella foto astronomica di un oggetto del profondo cielo sia molto più facile al giorno d'oggi di quanto non fosse anche solo pochi anni fa, sempre che si utilizzino telescopi e pellicole di produzione recente. Nonostante queste facilitazioni, la fotografia del profondo cielo resta una attività difficile e impegnativa, anche sotto il profilo finanziario.
Infatti la realizzazione di una bella foto del profondo cielo richiede la cura di un grande numero di dettagli operativi, che insieme concorrono per il successo o l'insuccesso della foto.
Le operazioni che devono essere eseguite con precisione per fare una buona foto del profondo cielo sono le seguenti:
1) CONTROLLI PRELIMINARI
- controllo del telescopio (efficienza dell'ottica,
collimazione, efficienza meccanica, elettrica ed elettronica, presenza
di tutti i componenti, carica delle batterie di alimentazione).
- controllo efficienza degli accessori del telescopio (raccordi, oculare
con reticolo, eventuale telescopio guida, ecc.).
- controllo efficienza fotocamera e suoi accessori (flessibile, pile, schermi
di messa a fuoco, mirini, ecc.).
2) ALLINEAMENTO POLARE
- da eseguire quando lo strumento viene montato sul posto e non è in postazione
fissa (come uno strumento da osservatorio)
3) MESSA A FUOCO
4) PUNTAMENTO SOGGETTI
5) RICERCA DELLA STELLA DI GUIDA
6) GUIDA
7) SVILUPPO E STAMPA FOTO
Se non si cura con grande precisione anche uno solo dei passaggi elencati,
si otterranno foto di cattiva qualità cioè mosse o sfuocate o con il
soggetto fuori campo, o male esposte. Tutto questo dando per scontato che
l'astrofotografo scelga in modo corretto la pellicola ed i tempi di posa
corrispondenti a seconda dei soggetti che intende riprendere e della qualitÃ
del cielo.
Leggendo questa premessa un principiante potrebbe spaventarsi e rinunciare
ancora prima di iniziare a cimentarsi in questa affascinante "disciplina".
Una volta appreso il metodo di lavoro, sarà invece facile eseguire in
tempi ragionevoli le operazioni preliminari ed i primi risultati positivi
saranno di incentivo per continuare.
LISTA PARTI NECESSARIE PER POTER FARE FOTO AL PROFONDO CIELO
- TELESCOPIO EQUATORIALE CON MOTO ORARIO ELETTRICO E VARIATORE DI VELOCITA'.
con POSSIBILITA' DI PORRE UNA FOTOCAMERA AL SUO FUOCO DIRETTO
- BATTERIA DI ALIMENTAZIONE DEL TELESCOPIO
- SISTEMA DI GUIDA CHE PUO' ESSERE UN TELESCOPIO DI GUIDA, MONTATO IN PARALLELO
AL TELESCOPIO PRINCIPALE E DISASSABILE DI QUALCHE GRADO, OPPURE UN SISTEMA
DI GUIDA FUORI ASSE CHE CONSENTA DI INTERCETTARE PARTE DELLA LUCE PROVENIENTE
DAL TELESCOPIO, DEVIATA VERSO L'OCULARE DI GUIDA.
- OCULARE di CORTA FOCALE CON RETICOLO ILLUMINATO e BATTERIA
- RACCORDO PER COLLEGARE LA FOTOCAMERA AL TELESCOPIO
- FOTOCAMERA REFLEX CON SCATTO FLESSIBILE
- PELLICOLA FOTOGRAFICA
- OROLOGIO
- TORCIA ELETTRICA A LUCE ROSSA
- ATLANTE CELESTE E CATALOGO
- TACCUINO E MATITA PER ANNOTARE I DATI DELLE FOTO SCATTATE
- CASSETTA ATTREZZI COMPLETA
- SET PILE DI RICAMBIO PER TUTTI I DISPOSITIVI ELETTRICI IMPIEGATI
OPZIONALI:
- STAZIONE METEO TASCABILE PER CONOSCERE TEMPERATURA, PRESSIONE ATMOSFERICA
E UMIDITA' RELATIVA
- BENDA DEL PIRATA (per non affaticare i muscoli del viso durante la guida)
- WALKMAN (per trascorrere le ore di guida con un po' di musica)
- SCALDINO (per non congelarsi le mani in caso di temperatura molto rigida)
- BEVANDE CALDE (ma non alcooliche)
IL RACCORDO FOTOGRAFICO
Questo tipo di fotografia astronomica, quando viene utilizzato un telescopio,
prevede la tecnica del "fuoco diretto", ovvero ma fotocamera, privata dell'obiettivo,
viene collegata al telescopio per mezzo di un semplice tubo metallico,
senza interporre lenti, o oculari di mezzo. Talvolta si usano sistemi per
modificare la lunghezza focale del telescopio fotografico anche per la
ripresa degli oggetti del profondo cielo. Parleremo più avanti dei moltiplicatori
e riduttori di focale, che comunque non modificano la sostanza del raccordo
fotografico.
Un particolare tipo di raccordo, chiamato raccordo per guida fuori asse,
consente anche di guidare utilizzando la stessa ottica usata per fotografare.
I SOGGETTI: GLI OGGETTI DEL PROFONDO CIELO
Quando si vuole fotografare un soggetto, è necessario conoscerne la natura,
almeno da un punto di vista fotografico.
DIMENSIONI
Prima di tutto, abbiamo a che fare con soggetti di dimensioni angolare
molto variabili, da pochi decimi di secondo d'arco fino a molti gradi.
La conoscenza di questi valori è necessaria a priori per la scelta della
focale utile del telescopio. Oppure, affrontando il problema in modo inverso,
si sceglieranno i soggetti in base alla focale del telescopio (o dell'obiettivo)
che si possiede. Per esempio, per fotografare una piccola nebulosa planetaria
come la Esquimo (NGC 2392 in Gemini), che ha dimensioni angolari di 47
x 43", sarà opportuno non impiegare focali inferiori ai 4000 mm. Infatti,
con questa focale si otterrebbe un'immagine di solo 1 mm sulla pellicola.
Già con queste dimensioni è necessario ingrandire parecchio la negativa
in fase di stampa, perdendo dettagli e contrasto a causa della granulositÃ
della pellicola. Al contrario, per riprendere la galassia M31 in Andromeda
(dimensioni 2.7 gradi) sarà bene utilizzare focali non superiori ai 750-800
mm, altrimenti il soggetto non potrà essere inquadrato completamente nel
fotogramma, perché troppo grande.
Luminosità Superficiale e Latitudine d'Esposizione
Ad eccezione degli ammassi globulari e di alcune nebulose, gli oggetti
del profondo cielo sono caratterizzati da una bassa luminosità superficiale.
Questa caratteristica incide profondamente nella determinazione del tempo
di esposizione. Inoltre le differenze di luminosità superficiale tra,
ad esempio, i nuclei delle galassie e le braccia più esterne portano a
calcolare tempi di esposizioni molto dissimili, che spesso non possono
essere compensati dalla latitudine di posa delle pellicole impiegate, di
cui parleremo più avanti. La luminosità superficiale di questi oggetti
è talmente vicina a quella del fondo-cielo che è necessario saturare
la pellicola (si ottiene la saturazione della pellicola quando l'allungamento
dell'esposizione non aumenta la visibilità dei dettagli ma solo la luminositÃ
del fondo-cielo) per catturarne la luce.
Ricordiamo che la pellicola ha la capacità , al contrario dell'occhio
umano, di accumulare la luce, aumentando il proprio annerimento all'aumentare
del tempo di esposizione. Grazie a questa proprietà , la pellicola fotografica
consente la ripresa di oggetti di debolissima luminosità .
LUNGHEZZA D'ONDA DELLA LUCE EMESSA DAGLI O.P.F.
Gli oggetti del profondo cielo, da un punto di vista del colore della luce
che emettono, possono essere divisi in due grandi categorie: quelli a luce
di tipo stellare e quelli a luce nebulare, dovuta cioè all'eccitazione
dei gas. La prima categoria comprende gli ammassi aperti e globulari e
le galassie, mentre la seconda comprende le nebulose planetarie e ad emissione.
Dal punto di vista fotografico, questa differenziazione è importante per
la scelta delle pellicole e dei filtri più adatti ad ogni soggetto. Gli
oggetti a luce stellare sono prevalentemente oggetti "blu", mentre quelli
a luce nebulare sono sostanzialmente "rossi". Le pellicole moderne reperibili
in commercio sono tutte pancromatiche, cioè hanno un intervallo di sensibilitÃ
spettrale molto ampio. Vengono cioè impressionate sia dalla luce blu che
da quella rossa, anche se in misura diversa. Occorrerà però valutare
sperimentalmente la resa di ciascuna pellicola a seconda del tipo di soggetto.
Per quanto riguarda i filtri, gli unici utilizzati nella fotografia al
profondo cielo sono quelli "nebulari", oltre a quelli rossi, come vedremo
più avanti.
IL BILANCIAMENTO DEL TELESCOPIO
Questa operazione è fondamentale per la buona riuscita delle foto perché
mette in condizioni il moto orario del telescopio di funzionare a dovere.
Il moto orario di un telescopio infatti insegue con regolarità quando
l'asse orario non è sottoposto a tensioni dovute ad un eccessivo sbilanciamento.
In molti casi esso trae un certo giovamento quando si crea appositamente
uno sbilanciamento nella direzione del moto del telescopio.
Un cattivo
bilanciamento inoltre amplifica le vibrazioni che il telescopio genera
quando viene toccato (chi riesce a usare il telescopio senza toccarlo scagli
la prima pietra); il risultato è una foto "mossa" cioè sbagliata. Il
bilanciamento deve essere eseguito con cura dopo avere montato tutti gli
accessori necessari alla ripresa di fotografie. E' necessario eseguire
il bilanciamento su entrambi gli assi del telescopio, con calma e pazienza,
utilizzando contrappesi scorrevoli oppure spostando gli accessori in posizioni
più adatte (per le istruzioni dettagliate, consultate il manuale fornito
dal fabbricante o un qualsiasi manuale per l'uso del telescopio).
Un telescopio risulterà perfettamente bilanciato quando, aprendo tutti
i blocchi dei due assi e liberando eventuali frizioni, il tubo ottico rimarrÃ
immobile in qualsiasi posizione venga lasciato. Nella realtà questo tipo
di bilanciamento è quasi impossibile da ottenere perché nella maggioranza
dei casi il tubo risulterà bilanciato in alcune posizioni, tendendo a
muoversi in altre.
Pertanto il migliore consiglio è di eseguire un bilanciamento
"dinamico" per ognuna della fotografie a lunga esposizione che avremo in
mente di effettuare. Cioè punteremo il telescopio nella direzione del
prossimo soggetto, e bilanceremo il telescopio in quella posizione; questo
assicurerà i migliori risultati.
L'ALLINEAMENTO POLARE DELLA MONTATURA
Questa importantissima operazione è necessaria per consentire al telescopio
ed al suo moto orario di inseguire con precisione il moto apparente degli
oggetti celesti durante le lunghe pose. La postazione deve essere eseguita
con telescopi dotati di montatura equatoriale, che sono gli unici adatti
alla ripresa fotografica a lunga esposizione degli oggetti del profondo
cielo.
I telescopi computerizzati altazimutali, recentemente comparsi sul
mercato internazionale, che puntano ed inseguono con precisione questi
oggetti, non sono idonei a questo tipo di fotografia, salvo che non vengano
anch'essi montati in configurazione equatoriale. Infatti un telescopio
in configurazione altazimutale insegue il cielo ma non può impedire che
il campo inquadrato dal telescopio ruoti, producendo foto a lunga esposizione
ben inseguite al centro ma "strisciate" ai bordi.
I METODI
Esistono vari metodi per effettuare la postazione equatoriale di un telescopio,
che differiscono tra loro per grado di semplicità e di precisione. Non
sempre un metodo semplice e rapido è anche impreciso, come dimostra il
caso dell'uso del cannocchiale polare. Deve risultare chiaro che il metodo
che dovrà essere prescelto dipenderà dal grado di precisione che si vuole
ottenere ed anche dal tempo che si ha a disposizione.
Infatti il più delle
volte la fotografia al profondo cielo viene praticata con telescopi portatili
con la formula del "vado (in montagna, o comunque in un luogo con un bel
cielo), monto tutto, fotografo, smonto e torno", tutto in una notte.
In queste condizioni, un metodo rigoroso e precisissimo come quello
della "deriva in declinazione" porterebbe via più di un'ora e sarebbe
quasi inaccettabile. Per fortuna molti telescopi moderni sono dotati di
serie di alcuni utili accessori come il cercatore con reticolo polare o
il cannocchiale polare che aiutano l'astrofilo ad ottenere in tempi rapidi
una postazione soddisfacente.
Se al contrario non si dispone di nulla più di un telescopio con dotazione
"normale", occorrerà ingegnarsi.
NOTA: per ottenere buoni risultati con i metodi descritti qui di seguito
è necessario accertarsi che il cerchio graduato di declinazione sia ben
regolato, e che i due assi di Ascensione Retta e Declinazione siano perfettamente
perpendicolari tra loro. Sarà utile (anche se non indispensabile) mettere
perfettamente in "bolla" il treppiede o la colonna del telescopio per fare
in modo che i moti micrometrici che agiscono sul puntamento dell'asse polare
corrispondano in modo preciso al movimento in altezza ed al movimento in
azimut, senza ambiguità .
NOZIONI FONDAMENTALI
La stella polare non coincide con il Polo Celeste vero, ma ne dista attualmente
circa 50', cioè poco meno di un grado. A causa della precessione degli
equinozi e della combinazione dei vari moti propri, questa distanza tende
a crescere progressivamente con gli anni, come evidenziato nella cartina
(figura X).
Per trovare il polo vero usando la cartina:
- verificate che il cercatore e il telescopio siano perfettamente allineati
tra loro.
- ruotate il tubo del telescopio fino a renderlo esattamente parallelo all'asse
orario della montatura equatoriale (sul cerchio di declinazione dovrete
leggere il valore di 90 gradi)
- rivolgete il telescopio verso il nord ed usando esclusivamente i moti di
inclinazione ed orientazione dell'asse orario, centrate la stella polare
nel cercatore.
- osservando la cartina, centrate il reticolo del cercatore sul polo vero.
METODO DELLE COORDINATE DELLA STELLA POLARE
Se possedete dei cerchi graduati molto precisi, è sufficiente determinare
l'ora siderale locale, puntare il telescopio (con il tubo reso parallelo
all'asse orario - vedi paragrafo precedente) verso il Meridiano locale,
impostare l'ora siderale sul cerchio graduato di ascensione retta (l'ora
siderale locale viene definita come l'ascensione retta delle stelle che
stanno culminando in quel momento al Meridiano locale) e poi puntare il
telescopio sulle coordinate della stella polare (A.R.2h 23' 39", DEC 89ø
13' 11"- Eq.1993.0).
Naturalmente la stella polare non risulterà puntata
nel telescopio, ma a questo punto sarà sufficiente inquadrarla al centro
del campo del telescopio usando solo i moti di regolazione in azimuth ed
in altezza dell'asse polare (NON bisogna usare i movimenti di A.R. e declinazione
in questa fase!). Quando la polare è al centro del campo del telescopio
principale, il gioco è fatto!
Ripetete per 2-3 volte questo procedimento si aumenterà la precisione
di allineamento, che comunque non sarà migliore di una decina di primi
d'arco. Per verificare la precisione sarà necessario utilizzare il metodo
della deriva in declinazione.
METODO DELLA DERIVA IN DECLINAZIONE
È di gran lunga il metodo più preciso per ottenere la postazione equatoriale,
ma è anche molto lungo ed impegnativo. È necessario utilizzare un oculare
con reticolo illuminato che offra una visione totalmente capovolta (piena
visione telescopica). Nel caso che si interpongano prismi o specchi deviatori
occorrerà tenerne conto. Dopo avere ottenuto una postazione approssimativa
con uno dei metodi descritti in precedenza o anche solo puntando semplicemente
la polare nel cercatore (sempre con i soli moti in azimut e altezza), si
deve procedere come segue:
1) Per regolare il puntamento in azimut:
- con i normali movimenti del telescopio puntare una stella vicina al meridiano
(+/- 8 gradi) ed all'equatore celeste (+/- 5 gradi) e centrarla nell'oculare
con reticolo illuminato, orientando i fili del reticolo in modo che la
stella "scorra" parallelamente ad uno dei fili quando si spegne il moto
orario.
Accendete il moto orario a velocità siderale e osservate i movimenti
della stella nel campo dell'oculare: Se dopo qualche minuto tende a rimanere
immobile al centro del reticolo o se si sposta solo lungo il "filo" di
ascensione retta, allora la postazione è perfetta.
- Se la stella tende a muoversi verso SUD, allora l'asse orario punta
troppo ad Est ed occorre correggere l'azimut dell'asse polare spostandolo
(leggermente!) verso Ovest.
- Se la stella tende a muoversi verso NORD, allora l'asse orario punta
troppo ad Ovest ed occorre correggere l'azimut dell'asse polare spostandolo
(leggermente!) verso Est. Terminate il controllo e le regolazioni solo
quando la stella non tenderà più a spostarsi in declinazione
2) Per regolare il puntamento in altezza:
- con i normali movimenti del telescopio puntate una stella ad Est, alta
circa 20 gradi al di sopra dell'orizzonte e vicina all'equatore celeste
(+/- 5 gradi) e centratela nell'oculare con reticolo illuminato, orientando
i fili del reticolo in modo che la stella "scorra" parallelamente ad uno
dei fili quando si spegne il moto orario.
- Accendete il moto orario a velocità siderale e osservate i movimenti della
stella nel campo dell'oculare: Se dopo qualche minuto tende a rimanere
immobile al centro del reticolo o se si sposta solo lungo il "filo" di
ascensione retta, allora la postazione è perfetta.
- Se la stella tende a muoversi verso SUD, allora l'asse orario punta
troppo verso il basso ed occorre aumentarne l'inclinazione (leggermente!).
- Se la stella tende a muoversi verso NORD, allora l'asse orario punta
troppo verso l'alto ed occorre diminuirne leggermente l'inclinazione.
- Terminate il controllo e le regolazioni solo quando la stella non tenderÃ
più a spostarsi in declinazione.
Al termine di queste operazioni, la montatura del telescopio sarÃ
perfettamente in stazione equatoriale, con un errore inferiore al primo
d'arco.
IL CERCATORE CON RETICOLO POLARE
Il cercatore è un accessorio indispensabile del telescopio perché ci
consente di puntare gli oggetti in modo diretto, senza usare i cerchi graduati.
Da alcuni anni sono comparsi sul mercato dei cercatori 8x50 mm e 9x60 mm
dotati di reticolo speciale che simula il quadrante di un orologio che
compie un giro in 24 ore, con la stessa scala angolare del campo stellare
che circonda il polo celeste nord ed in alcuni modelli anche il polo sud,
figura XX, a. Questo reticolo, inciso su un vetrino illuminato lateralmente
con un LED rosso ad intensità regolabile, è stato studiato per facilitare
l'allineamento polare. Il cercatore polare è corredato con un regolo circolare
che simula nella parte esterna l'incisione del vetrino del cercatore. Il
principio di funzionamento del cercatore polare è il seguente:
- tramite il regolo si determina la posizione della stella polare alla data
e all'ora attuali relativamente all'incisione del reticolo.
- si imposta il telescopio alla declinazione +90ø.0, e lo si ruota in A.R.
in modo che uno dei fili del reticolo risulti perpendicolare alla linea
dell'orizzonte.
- usando i movimenti di inclinazione e rotazione azimutale dell'asse polare,
bisogna inquadrare la stella polare nel cercatore, posizionandola nel settore
circolare determinato con il regolo.
La precisione di questo metodo è discreta (+/- 10' d'arco), e dipende
fortemente dalla precisione di allineamento del cercatore, dalla regolazione
del cerchio di declinazione e dalla perpendicolarità degli assi della
montatura equatoriale, molto critica nei telescopi commerciali a forcella.
I vantaggi del metodo sono evidenti: grande velocità e semplicità . Si
consiglia di far seguire un breve controllo con il metodo della deriva
in declinazione.
IL CANNOCCHIALE POLARE
È l'accessorio principe per l'allineamento polare del telescopio. Si tratta
di un piccolo cannocchiale inserito in un foro al centro dell'asse polare
del telescopio. Il principio ed i suoi vantaggi è evidente: puntare il
cannocchiale sul polo celeste equivale a puntarvi l'asse polare del telescopio.
Purtroppo il cannocchiale polare può essere inserito solo nelle montature
alla tedesca perché l'asse polare delle montature a forcella è ostruito
dalla presenza del tubo ottico (nn costruttore americano di accessori per
telescopi commerciali ha però ideato un cannocchiale polare decentrato
utilizzabile con i telescopi a forcella).
Sul corpo della montatura esiste una scala graduata che si riferisce
all'ora della postazione, mentre, coassiale al tubo del cannocchiale polare,
viene sistemato un cerchio graduato relativo alla data. Il reticolo interno
viene tarato in fabbrica in modo che si trovi in una certa posizione rispetto
ad un indice fisso che servirà per tarare il cerchio datario nel momento
della postazione; questo indice può essere tarato anche dall'utente, seguendo
un metodo piuttosto semplice e chiaro, basato sulla conoscenza dell'ora
di culminazione della stella polare in una certa data.
Come nel caso dei cercatori polari, i cannocchiali polari sono dotati
di vetrino inciso con un reticolo speciale che simula con la stessa scala
angolare il campo stellare dei due poli celesti nord e sud. In questo caso
però la graduazione per regolare l'angolo della stella polare (o di sigma
Ottantis) alla data e all'ora della postazione si trova sull'esterno del
cannocchiale polare.
Utilizzando i soliti comandi micrometrici che regolano
l'altezza e l'azimuth dell'asse polare è sufficiente inserire la stella
polare all'interno del circoletto o tra le tacche incise sul vetrino per
ottenere una postazione di elevata precisione (+/-3' come minimo).
EFFETTI DI UN ALLINEAMENTO POLARE IMPRECISO
Un telescopio con la montatura non allineata con precisione al polo celeste
insegue ugualmente gli oggetti celesti, che però tendono a spostarsi lentamente
in direzione nord o sud, con velocità dipendente dall'entità dell'errore
di stazionamento. Se viene eseguita una fotografia in tali condizioni,
e si eseguono correzioni in declinazione per tutta la durata della posa,
si scoprirà che il campo inquadrato registra una rotazione di entitÃ
direttamente proporzionale alla durata della posa ed all'errore di postazione.
Le stelle al centro del campo risulteranno puntiformi ma quelle sui bordi
saranno allungate in "archi".
LA GUIDA
La ripresa fotografica degli oggetti del profondo cielo richiede lunghe
esposizioni, che possono variare, a seconda dei casi, da qualche minuto
fino a qualche ora (!). Gli astrofili alle prime armi credono che durante
le pose l'astrofotografo possa lasciare al telescopio ed al suo moto orario
il compito di inseguire l'oggetto fotografato.
Purtroppo non è così.
Nessun moto orario al mondo, per quanto super-preciso meccanicamente e
super-controllato elettronicamente, è in grado di inseguire con precisione
un soggetto per più di pochi minuti, anche se il telescopio è stato messo
perfettamente in stazione. Gli inevitabili piccoli errori meccanici del
motore, degli ingranaggi di riduzione e della montatura del telescopio
portano ad osservare una serie di piccole imprecisioni di inseguimento
che hanno l'effetto di rovinare le foto, creando immagini stellari "strisciate".
In particolare è noto il cosiddetto "errore periodico" o perioidismo della
vite senza fine, che ha l'effetto di far compiere al telescopio una sorta
di movimento oscillante ad ogni rotazione della vite senza fine che trasmette
il movimento all'ingranaggio di trasmissione finale del moto orario.
Altre
cause delle imprecisioni di inseguimento sono la turbolenza atmosferica
e la rifrazione.
Pertanto, nel corso di ciascuna esposizione, il fotografo deve "guidare",
tenendo una stella di guida, appositamente scelta prima di iniziare la
ripresa, sempre al centro del reticolo illuminato di un oculare capace
di forti ingrandimenti. Le correzioni dovranno essere eseguite tramite
una pulsantiera che comanderà leggerissime variazioni di velocità del
moto orario, compensando così i suoi errori. La guida consentirà di compensare
anche eventuali spostamenti in declinazione dovute ad errori di postazione;
le correzioni potranno essere eseguite con la pulsantiera se l'asse di
declinazione è motorizzato, oppure con un comando meccanico.
CANNOCCHIALE DI GUIDA E GUIDA FUORI ASSE
La stella di guida deve essere inquadrata e seguita con un telescopio,
che può essere un telescopio di guida, montato in parallelo al telescopio
principale, oppure lo stesso telescopio principale, dotato di un accessorio
ottico-meccanico chiamato guida fuori-asse. La guida fuori asse è un raccordo
modificato che incorpora un piccolo prisma o specchio che intercetta parte
della luce che sta per giungere alla fotocamera, dal bordo del campo, e
la rinvia verso l'oculare di guida. Essa consente la guida con lo stesso
telescopio con cui si fotografa.
L'impiego dell'uno o dell'altro dispositivo di guida presenta vantaggi
e svantaggi. Il cannocchiale guida può essere ampiamente decentrato e
consente la guida su qualsiasi stella visibile nel campo, comprese le stelle
eventualmente sovrapposte all'oggetto da fotografare.
Con la guida fuori
asse la ricerca della stella è molto più complessa perché il campo che
inquadra è al bordo dell'oggetto fotografato. Non è raro il caso in cui
con la guida fuori asse non si trovano stelle di guida sufficientemente
luminose al bordo di un particolare oggetto ed è necessario provare a
spostare l'oggetto ai bordi del fotogramma oppure rinunciare alla foto.
E' il caso, per esempio, della nebulosa planetaria GUFO M97, che non sono
mai riuscito a fotografare con la guida fuori asse per mancanza di stelle
di guida accettabili nei suoi dintorni. Il telescopio di guida è più
luminoso e le immagini sono più nitide: le immagini che giungono all'oculare
della guida fuori asse sono intercettate ai bordi dell'asse ottico e quindi
deformate dalle aberrazioni extra-assiali.
In compenso il telescopio di
guida soffre di flessioni meccaniche che non influenzano, per costruzione,
la guida fuori asse. Infatti una guida accurata con un sistema fuori asse
non ha possibilità di errori dovuti a flessioni meccaniche. Infine il
telescopio di guida ed il relativo meccanismo di disassamento è molto
più costoso di una guida fuori asse. Occorre inoltre ricordare che non
è bene selezionare stelle di guida troppo distanti dal soggetto, per evitare
gli effetti della rifrazione atmosferica , che ha provoca differenze di
velocità a seconda della differenza di declinazione tra l'oggetto fotografato
e la stella di guida.
GUIDA E PAZIENZA
La guida è l'aspetto più noioso del complesso procedimento che porta
ad ottenere una foto al profondo cielo. Essa deve procedere in modo continuo
nel corso dell'intera esposizione, senza pause. Ogni errore del fotografo
può portare a risultati disastrosi.
Tra gli errori più comuni elenchiamo:
- urto del telescopio e relativa vibrazione che crea un "mosso".
- al buio un altro astrofilo inciampa nel filo elettrico di alimentazione
del moto orario ed interrompe l'inseguimento.
- per distrazione o per stanchezza si preme un pulsante sbagliato o si sposta
un deviatore sulla pulsantiera invertendo il moto; si ottiene un mosso.
- si imposta sulla fotocamera un tempo diverso dalla "B", ma si continua
a guidare convinti che il suono di scatto dell'otturatore sia quello di
apertura dello stesso; in realtà si è scattata un'istantanea al cielo.
La guida è faticosa perché per lunghi periodi il fotografo deve
stare con l'occhio incollato ad un oculare di corta focale, spesso in posizioni
scomode, vedendo solo una croce rossa ed una debole stellina e facendo
in modo che essa rimanga sempre al centro della croce (o meglio in uno
dei suoi angoli).
La guida mette a dura prova la resistenza psico-fisica del fotografo.
Io non sono mai riuscito a guidare una singola foto per più di 40 minuti
e per più di 2 ore a notte, ma conosco diversi stakanovisti che sono stati
capaci di guidare per 3 ore consecutive senza mai staccare l'occhio dall'oculare
di guida! Per chi, come me, non sopporta le lunghe pose, hanno però inventato
i riduttori di focale, che consentono di ridurre le esposizioni di 2-3
volte, e soprattutto gli inseguitori automatici CCD.
Per chi non si può permettere un inseguitore CCD, consigliamo di cercarsi
un assistente con cui alternarsi alla guida. Dopo avere provato un paio
di volte il "cambio" all'oculare di guida, sarà possibile ottenere buone
foto posate per ore senza che i due fotografi si stanchino particolarmente.
Può essere accettabile guidare per una decina di minuti a testa, mentre
quello che non guida si dedica alle osservazioni visuali con un altro strumento.
LA GUIDA - TRUCCHI E CONSIGLI
Per impedire che gli errori di guida provochino l'allungamento delle immagini
stellari è necessario guidare ad alto ingrandimento. In particolare, l'ingrandimento
di guida efficace per ottenere immagini stellari ben rotonde dipende dalle
dimensioni della grana della pellicola. In genere una pellicola ad alta
sensibilità come la Kodak T-Max (da 400 ISO in su) o la Scotch Chrome
1600 è costituita da grani di sali d'argento di dimensioni pari a circa
40 micron. La notissima Kodak Technical Pan 2415 invece ha una granulositÃ
inferiore ai 5 micron e necessita quindi di una guida molto più accurata.
Per pellicole granulose l'ingrandimento di guida dovrebbe essere vicino
al valore della lunghezza focale in centimetri del telescopio fotografico.
Quindi utilizzando un telescopio con 150 cm di focale si dovrebbe guidare
con 150 ingrandimenti. Nella pratica, ho sperimentato personalmente che
se il seeing è medio, il moto orario è di buona qualità e se la guida
è "morbida" sono sufficienti minori ingrandimenti, anche la metà di quelli
canonici, per ottenere fotogrammi ben inseguiti.
Va rilevato che gli oculari
di guida sono normalmente da 12.5 mm di focale, e pertanto se si guida
fuori asse senza riduttore di focale l'ingrandimento di guida che ne risulta
è inferiore a quello "canonico" (che si otterrebbe con un oculare da 10mm
di focale). Naturalmente è sempre possibile impiegare lenti di Barlow
per aumentare gli ingrandimenti, sempre che l'estrazione di fuoco del sistema
ottico lo consenta.
Particolarmente intelligente è il proiettore di reticolo della Vixen,
che proietta un reticolo basculabile e decentrabile nel campo di qualsiasi
oculare si voglio utilizzare: con questo dispositivo si può scegliere
l'ingrandimento di guida a piacere.
Guidare su una stella significa centrarla sul reticolo, continuando
a vederla per tutta la durata della posa. Centrarla sul reticolo con un
telescopio di guida è relativamente facile, perché i comandi di disassamento
di cui questo è dotato consentono questa operazione in modo veloce e preciso.
Utilizzando una guida fuori asse il compito è molto più arduo, perché
non si può muovere il telescopio dalla posizione trovata, che punta l'oggetto
da fotografare. In questo caso occorre ruotare il corpo della guida fuori
asse sperando di centrare la stella sul reticolo. Per facilitare il fotografo
in questo compito sono disponibili gli oculari con reticolo delle marche
Vixen e Meade che consentono di spostare il reticolo sulla stella e non
viceversa.
La stella di guida è spesso ai limiti della visibilità , specie utilizzando
la guida fuori asse ed è necessario posizionarla in modo che la luce dei
fili del reticolo non la nascondano. Per fortuna esistono molti oculari
il cui reticolo è "a centro libero" (vedi figura): al centro si potrÃ
posizionare la stella. Nel caso dei reticoli a croce semplice sarà sufficiente
posizionare la stella in uno qualsiasi degli angoli formati dai 2 fili.
PRECISIONE DI GUIDA
Lo spostamento tollerabile della stella rispetto al reticolo durante la
guida dipende dall'ingrandimento di guida rispetto alla focale del telescopio
ed alla granulosità della pellicola. La regola generale è che non si
dovrebbe consentire alcun movimento alla stella rispetto alla posizione
iniziale, ma se si utilizzano corte focali e se la postazione del telescopio
è eccellente si può pensare di controllare l'inseguimento non di continuo
ma ogni trentina di secondi, per non affaticarsi eccessivamente.
Quando
si fotografa in parallelo con obiettivi di cortissima focale (al di sotto
dei 100mm) e se la postazione è buona, è possibile anche non guidare
affatto, sempre che non ci sia vento.
il PEC
La Correzione dell'Errore Periodico, o PEC, è una trovata di alcuni fabbricanti
di telescopi che ha la funzione di ridurre l'errore periodico della vite
senza fine (dovuto alle irregolarità della forma della vite senza fine),
che causa gran parte degli errori di inseguimento del moto orario.
Il PEC
consiste in un circuito programmato per memorizzare le correzioni impartite
dal fotografo durante una "prova di guida", per poi ri-eseguirle per tutta
la durata della sessione fotografica. L'idea è buona e consente di aumentare
la precisione di guida e di alleviare lo stress del fotografo, che con
il PEC in funzione deve intervenire meno spesso nelle correzioni.
Autoguida CCD
Il CCD è un dispositivo elettronico sensibile alla luce che può essere
impiegato per sostituire letteralmente il fotografo durante le operazioni
di guida. Collegando in modo appropriato un inseguitore automatico CCD
ai motori di ascensione retta e di declinazione del telescopio, ed applicando
la testata che contiene il chip CCD al telescopio di guida o alla guida
fuori asse, esso si aggancerà ad una stella visibile nel campo e la terrÃ
perfettamente centrata su uno dei suoi pixel (elementi di immagine), senza
stancarsi, e soprattutto senza sbagliare.
Una vera panacea, ideale ovviamente
per chi vuole ottenere astrofotografie perfette a lunghissima esposizione
senza stancarsi. Le camere CCD possono essere anche collegati a computer
ed impiegati come camere di ripresa, simili a telecamere ma dotati di sensibilitÃ
enormemente superiori. Il prezzo di questi dispositivi è però piuttosto
elevato.
LUMINOSITA' E POSA
Il tempo di esposizione necessario per impressionare la pellicola fotografica
dipende dalla luminosità dei soggetti, dalla sensibilità della pellicola
e dal rapporto focale del telescopio utilizzato. Del primo fattore si è
già parlato, del secondo si tratterà nel prossimo paragrafo.
Il rapporto
focale del telescopio, o luminosità fotografica, è il rapporto tra la
lunghezza focale effettiva ed il diametro efficace dello strumento. Esso
è espresso da un numero che è direttamente proporzionale al tempo di
esposizione. Maggiore sarà il numero, più lunga sarà la posa necessaria
ad impressionare la pellicola. La relazione matematica che lega il r.f.
con il tempo di esposizione è il seguente:
T.E.= r.f.2 x C (fattore di correzione dovuto alla luminositÃ
del fondo-cielo).
Risulta pertanto evidente che un incremento modesto del rapporto focale
provoca un forte aumento del tempo di esposizione, a parità di pellicola
impiegata. Se per esempio utilizzassimo un telescopio di luminosità f/5
con pellicola da 400 ISO esente dal difetto di reciprocità , e cielo normalmente
limpido senza luna, il tempo di esposizione necessario sarebbe di 52=25
minuti. Nelle stesse condizioni, con un telescopio f/8 sarebbe necessaria
una esposizione di 82=64 minuti e così via. Alcuni telescopi "nati" f/10
od ancora meno luminosi, avrebbero bisogno di tempi di esposizione di oltre
un'ora e mezza, che possono risultare troppo faticosi, ma per fortuna esistono
i riduttori di focale e le pellicole super-rapide.
LE PELLICOLE per il Profondo Cielo
La pellicola è la vera, insostituibile protagonista di ogni processo fotografico,
e deve essere scelta, usata e trattata in modo corretto per ottenere i
risultati voluti.
Colore o bianco e nero?
I maggiori progressi della tecnologia chimica fotografica si sono avuti
soprattutto nel colore, a causa di evidenti esigenze di natura commerciale.
Le moderne emulsioni a colori raggiungono sensibilità fino a pochi anni
impensabili, come nel caso della Konica 3200 ISO. Nel caso del bianco e
nero, la Kodak T-Max è invece in grado di giungere a 50.000 ISO. Oltre
a questo si è migliorata la risposta delle emulsioni ai vari colori dello
spettro, ora più bilanciata, e soprattutto si sono ottenuti risultati
spettacolari dal punto di vista della granulosità .
Essendo la sensibilitÃ
dell'emulsione sensibile proporzionale alla superficie che i cristalli
di sali d'argento rivolgono alla luce, in passato per aumentare la sensibilitÃ
si aumentavano le dimensioni dei cristalli, con lo sgradevole effetto collaterale
di avere immagini "sgranate", con forte perdita di nitidezza e di dettaglio.
Ora grazie alla nuova tecnologia che impiega o cristalli piatti T-Grain,
oltre ad altre diavolerie chimiche che saranno trattate nell'apposito articolo
dedicato alle pellicole, si ottengono alte sensibilità e grana molto fine.
Tra i proseliti della fotografia al profondo cielo, troviamo due "scuole"
distinte: quelli che prediligono il bianco e nero e quelli che non usano
altro che il colore. Quali sono i vantaggi e gli svantaggi dell'uno rispetto
all'altro?
LE PELLICOLE A COLORI:
- sono in grado di riprodurre meglio le sfumature tonali delle immagini.
Un'emulsione in bianco e nero non può mostrare più di poche decine di
sfumature di grigio, mentre una a colori può riprodurre milioni di sfumature
cromatiche.
- le negative a colori sono in grado di assorbire forti differenze di luminositÃ
(hanno una grande latitudine di posa), compensando in modo efficace il
tipico "difetto" di molte immagini astronomiche, in parte sovraesposte
(per esempio i nuclei delle galassie) ed in parte sottoesposte (le braccia
delle galassie). Non si può dire altrettanto delle diapositive a colori.
- offrono foto astronomiche cromaticamente molto sbilanciate (i colori non
sono reali) a causa delle forti differenze di reciprocità (vedi più avanti)
tra i vari strati di emulsione sensibili ai vari colori.
- il loro trattamento di sviluppo e stampa "in casa", pur fattibile, è piuttosto
complesso ed i risultati sono meno curabili e controllabili dal fotografo
rispetto al bianco e nero.
- non possono essere usate con filtri colorati
LE PELLICOLE IN B&N:
- sono molto facili da trattare (sensibilizzare, sviluppare, stampare) in
proprio, al contrario di quelle a colori. I risultati sono meglio controllabili
dal fotografo, che può anche rimediare ad eventuali errori.
- possono essere impiegate con filtri colorati.
- sono più nitide (a parità di sensibilità )
- è facile ipersensibilizzarle
- sono le uniche utilizzate dagli astronomi professionisti; pertanto esiste
una grande mole di documentazione tecnica che le riguarda proprio per l'utilizzo
astronomico.
- le foto con materiali in bianco e nero riprese da astrofili possono essere
utilizzate dagli astronomi professionisti per integrare le loro ricerche.
Il colore sarebbe inutilizzabile per questi scopi.
PELLICOLA |
COL./B&N |
SENSIBILITA' |
NOTE: |
FUJICHROME 400 |
COLORE- DIA |
400 |
grana fine, dominante verde |
FUJICOLOR SUPER HG 400 |
COLORE - NEG |
400 |
ottimo bilanciam.cromatico, grana
ultra-fine |
SCOTCH CHROME 800-3200 |
COLORE - DIA |
800-3200 |
molto rapida, buona sensibilitÃ
al rosso- sensibilità variabile |
KONICA 3200 |
COLORE -NEG |
3200 |
super-rapida, elevatissima latitudine
di posa |
KODAK EKTACHROME P800-3200 |
COLORE-DIA |
800-3200 |
poco sensibile al rosso |
KODAK TECHNICAL PAN 2415 |
B&N |
25-250 |
super-pancromatica, grana inesistente,
contrasto altissimo, la migliore bianco e nero esistente |
KODAK T-MAX 800 |
B&N |
400-50.000 |
molto rapida in generale, ma poco
sensibile al rosso. Grana grossa nelle alte sensibilità |
CENNI SUI TRATTAMENTI DI IPERSENSIBILIZZAZIONE
Il termine "pellicola ipersensibilizzata" fa parte ormai del gergo dell'astrofilo.
L'ipersensibilizzazione è un trattamento chimico-fisico che viene eseguito
sulla pellicola prima che venga esposta, per aumentarne la sensibilitÃ
e per attenuarne il difetto di reciprocità . Oggigiorno l'unico trattamento
di ipersensibilizzazione praticato (tra i molti esistenti) è quello della
"cottura" della pellicola in "forming gas", una miscela di gas idrogeno
ed azoto (oppure solo idrogeno).
Questo trattamento ha lo scopo di portare
via l'acqua e l'ossigeno (che hanno effetti desensibilizzanti) dall'emulsione,
oltre a velare leggermente la pellicola a causa dell'effetto riducente
dell'idrogeno. Tralasciando i dettagli chimici, la pellicola così trattata
risulta da 2 a 50 volte più sensibile della pellicola normale, con evidenti
vantaggi per gli usi astrofotografici. Inoltre viene ridotto il difetto
di reciprocità (i materiali foto-sensibili perdono sensibilità all'aumentare
del tempo di esposizione; può capitare che una 400 ISO, dopo pochi minuti
abbia una sensibilità reale di poche decine di ISO).
E' possibile ipersensibilizzare tutti i tipi di pellicole, sia a colori
che in bianco e nero. I migliori risultati si ottengono però con la mitica pellicola Kodak Technical Pan 2415, che raggiunge dopo il trattamento la
sensibilità di 250 ISO, con difetto di reciprocità molto ridotto, conservando
la granulosità di una pellicola per microfilm e le caratteristiche di
pellicola "super-pancromatica", molto sensibile cioè al rosso.
RIDUTTORI E DUPLICATORI DI FOCALE
La focale del telescopio fotografico può essere modificata introducendo
tra la fotocamera ed il telescopio dei sistemi di lenti in grado di aumentare
o diminuire la lunghezza focale complessiva del sistema. Nella fotografia
al profondo cielo si impiegano sovente i riduttori di focale, reperibili
facilmente per i telescopi di tipo Schmidt-Cassegrain.
Essi riducono la
focale anche della metà , aumentando la luminosità ed il campo inquadrato.
In compenso quasi tutti i riduttori danneggiano un po' la qualità delle
immagini, introducendo astigmatismo, aberrazione sferica e soprattutto
vignettatura. La vignettatura è una perdita di luminosità dal centro
ai bordi dell'immagine, molto forte nei riduttori di vecchia progettazione.
Alcuni produttori hanno corretto questo difetto in alcuni (costosi) nuovi
modelli di riduttore di focale. Con un riduttore che porta la focale da
2000 mm a 1260 mm, la luminosità sale da f/10 a f/6.3 ed il tempo di posa
di riferimento scende del 60%. Uno dei più diffusi è il riduttore-correttore
Celestron, ma funzionano bene anche quello incluso nella guida fuori asse
Lumicon e quello della Astroptics.
Ricordiamo che la riduzione della focale diminuisce la necessita' di
una guida accurata, facilita la messa a fuoco e migliora la visibilitÃ
degli oggetti nei mirini delle fotocamere, ma diminuisce anche la magnitudine
limite raggiungibile dal sistema ottico.
L'uso di aggiuntivi ottici che aumentano la focale - i duplicatori o
triplicatori di focale,è consigliabile solo nel caso che si desideri
fotografare oggetti di piccolissima estensione angolare (come molte nebulose
planetarie, galassie, ammassi globulari distanti). L'uso di focali troppo
corte darebbe luogo ad immagini troppo piccole per essere utilizzate. I
duplicatori di focale vengono prodotti da tutte le case produttrici di
fotocamere e obiettivi, e sono reperibili facilmente in ogni negozio di
articoli fotografici a prezzi anche contenuti. Lo scotto da pagare nell'utilizzo
di questi aggiuntivi ottici è la necessità di raddoppiare i tempi di
posa, guidare con il doppio degli ingrandimenti e con il doppio della precisione.
DIAMETRO DEL TELESCOPIO E RISULTATI
In questo tipo di fotografia astronomica l'importanza dell'apertura del
telescopio è molto ridotta, mentre è molto importante la lunghezza focale.
Con le potenzialità delle moderne pellicole è difficile riuscire a sfruttare
a fondo un buon telescopio da 10 cm di apertura e 100 cm di focale, in
grado di offrire immagini fotografiche del profondo cielo difficilmente
distinguibili, sempre che si operi con la necessaria precisione e con le
giuste tecniche, da quelle prodotte con un telescopio 2 volte più aperto.
Provate a confrontare le immagini di M??, realizzate con il telescopio
Tele-Vue Genesis da 100mm di diametro e 800mm di focale, pubblicate qui
di fianco, con quelle degli stessi soggetti realizzate con telescopi da
200 e 250 mm.
E' invece chiaro che, a parità di focale, una maggiore apertura consentirÃ
di sfruttare la maggiore luminosità per ridurre i tempi di esposizione,
con chiaro vantaggio per il fotografo.
Fotografia in parallelo - Soggetti e metodi
Il primo passo per chi vuole imparare le tecniche della foto al profondo
cielo è la fotografia in parallelo. La macchina fotografica viene montata
a cavallo del telescopio principale, utilizzando i propri obiettivi per
fotografare il cielo ed il telescopio come supporto motorizzato e come
telescopio di guida. L'unico dettaglio da curare in questo tipo di fotografia
è il corretto bilanciamento dell'insieme. Infatti la fotocamera montata
a cavallo del tubo sbilancia parecchio il telescopio e può portare a grossi
problemi di vibrazioni al minimo alito di vento. E' possibile utilizzare
tutti gli obiettivi del proprio "parco": dal fish-eye al super-tele da
500mm, passando per tutte le focali intermedie. I vantaggi principali di
questo tipo di fotografia sono:
- la possibilità di scegliere le focali più adatte ad ogni soggetto
- l'uso di obiettivi luminosi , il che si traduce in brevi tempi di posa
oppure nella possibilità di usare pellicole meno sensibili e quindi più
nitide.
- guida meno accurata
- possibilità di uso di filtri anche molto densi
La tecnica di ripresa è semplicissima. Montato e messo in stazione equatoriale
il telescopio, si monta la macchina fotografica con l'obiettivo prescelto
utilizzando un apposito supporto parallelo (piggyback), disponibile come
accessorio presso molti produttori di telescopi e spesso fornito a corredo
con lo strumento. Effettuato un accurato bilanciamento dell'insieme, si
monta lo scatto flessibile, si imposta il tempo di esposizione B e si apre
il diaframma dell'obiettivo al valore massimo consentito. Si punta la zona
interessata con il telescopio, si monta sullo stesso un oculare con reticolo
e, prescelta una stella di guida, si inizia l'esposizione facendo scattare
l'otturatore della fotocamera.
In questo genere di fotografia l'accuratezza della guida ha un'importanza
meno determinante a causa delle corte lunghezze focali in gioco. Considerando
infatti che il tipico oculare con reticolo illuminato ha una focale di
circa 12mm, l'ingrandimento di guida è sempre medio-alto anche impiegando
telescopi di focale relativamente corta e tale da consentire ampi margini
di oscillazione del moto orario senza che questi siano visibili nella foto.
I soggetti adatti a questo tipo di fotografia al profondo cielo sono
quelli di grande estensione e vanno dall'intera volta celeste (obiettivi
fish-eye) ad ampie zone della Via Lattea (super-grandangolari e grandangolari),
dalle costellazioni (obiettivi normali e piccoli tele) alle nebulose e
galassie più estese (tele medi e lunghi). La qualità delle immagini che
è possibile ottenere dipende più dalla scelta delle pellicole e delle
focali in relazione ai vari soggetti che dalla precisione della guida.
LA MESSA A FUOCO
Questa operazione è una delle più difficili da eseguire e dagli esiti
più incerti. Anche se non mancano metodi in grado di offrire risultati
affidabili, molto spesso una buona messa a fuoco dipende solo dall'esperienza
del fotografo, dall'acutezza della sua vista e dalla sua conoscenza di
una particolare macchina fotografica.
Osservando un normale campo stellare nel mirino di una comune macchina
reflex applicata al telescopio, si vede poco o nulla, e solo le stelle
più luminose saranno visibili come sorgenti luminose non troppo definite.
Puntando una stella brillante e provando a metterla a fuoco, risulterÃ
piuttosto difficile distinguere l'esatta posizione del fuocheggiatore in
cui la stella apparirà puntiforme. Nella pratica la stella "sembrerà "
a fuoco in un ampio intervallo di regolazione del fuocheggiatore; la maggiore
difficoltà dell'operazione consiste proprio nel saper valutare con sicurezza
il punto esatto. La responsabilità di questa incertezza va attribuita
alla scarsa luminosità dello schermo di messa a fuoco della fotocamera,
un vetrino sagomato in modo particolare (è una lente di Fresnel) in parte
smerigliato ed in parte dotato di particolari dispositivi ottici (telemetro
ad immagine spezzata, corona di microprismi), progettato per agevolare
la messa a fuoco con obiettivi di corta focale ed alta luminosità (più
luminosi di f/4). Siccome un telescopio è, di solito, meno luminoso di
f/4, uno schermo di messa a fuoco standard ci offrirà immagini buie e
difficilmente utilizzabili per mettere a fuoco immagini stellari. Per fortuna
esistono molte fotocamere in commercio che consentono la sostituzione degli
schermi di messa a fuoco con altri tipi più chiari e più adatti alla
messa a fuoco con lunghe focali e con obiettivi di bassa luminosità . Supponendo
di dotare una fotocamera di uno schermo molto luminoso, si vedranno immagini
più luminose ma non si otterrà comunque una visione neanche lontanamente
paragonabile a quella fornita da un oculare. Rimarrà sempre una certa
dose di incertezza durante le operazioni di messa a fuoco.
Constatata la necessità di metodi affidabili per determinare la messa
a fuoco del telescopio fotografico, anche usando fotocamere "standard",
passiamo ad esaminare brevemente i metodi più usati per raggiungere lo
scopo:
1) prova fotografica
2) messa a fuoco su Luna o pianeti
3) test di focault sul piano-pellicola
4) sostituzione della fotocamera con sistema oculare di uguale tiraggio
5) utilizzo di appositi dispositivi (Shure Sharp, MFFT, etc.)
La prova fotografica consiste nell'eseguire sullo stesso fotogramma
più esposizioni di breve durata su una stella luminosa, spostando leggermente
la posizione del telescopio e modificando ad ogni esposizione la messa
a fuoco, avendo cura di segnare ciascuna posizione del fuocheggiatore.
Per eseguire le esposizioni multiple sullo stesso fotogramma sarà sufficiente
bloccare la macchina in posa "B" e adoperare il tappo del telescopio come
otturatore. Un tempo di esposizione di riferimento con un telescopio f/10
e con una pellicola da 400 ISO è dell'ordine dei 30 secondi. Sviluppando
il fotogramma, si sceglierà l'immagine più piccola possibile e si utilizzerÃ
la posizione corrispondente del fuocheggiatore per eseguire le fotografie.
La messa a fuoco sulla Luna o sui pianeti è uno dei sistemi più usati
per determinare la messa a fuoco "sul campo" con buone possibilità di
successo. In qualsiasi periodo dell'anno è sempre presente un pianeta
in cielo da utilizzare come soggetto grande e brillante, ben visibile nel
mirino della fotocamera. I migliori soggetti per questo tipo di messa a
fuoco "a campione" sono la luna (che però è disponibile di rado nelle
serate scelte per la fotografia al profondo cielo) per i suoi brillanti
contrasti tra luci e ombre, e Saturno, per la nitidezza a lama di rasoio
dei suoi anelli, ben visibili anche nei mirini più scuri. Trovata la messa
a fuoco, sarà sufficiente segnarla sul corpo del fuocheggiatore e non
spostarla più.
Il test di Focault da eseguire sul piano pellicola consiste nell'aprire
il dorso della macchina fotografica, già montata sul telescopio, puntare
una stella brillante, posizionare un oggetto con bordo tagliente (una vecchia
lametta da barba va benissimo) sulle guide della pellicola e porre l'occhio
dietro di esso. Muovendo il fuocheggiatore si raggiungerà la messa a fuoco
esatta quando lo specchio improvvisamente si illuminerà . Occorre naturalmente
che il moto orario sia innestato per inseguire la stella durante l'operazione.
La sostituzione della fotocamera con un sistema oculare di uguale tiraggio
(la distanza tra la flangia dell'adattatore ed il piano-pellicola) è il
sistema che prediligo, utilizzabile soprattutto da chi possiede una guida
fuori asse Lumicon, che consente la rimozione del gruppo fotocamera + anello
T2 + anello adattatore diam.2", sostituibile in pochi secondi con un oculare
da 2" di diametro o con un oculare di diametro inferiore dotato di adattatore
per portaoculari da 2". Con tale sistema, dopo opportuna taratura da eseguire una tantum, si esegue o si controlla la messa a fuoco e si verifica
inoltre (cosa molto importante!) che l'oggetto puntato si trovi effettivamente
inquadrato nel campo. Fatto questo si rimonta la fotocamera.
Un sistema simile può essere utilizzato anche da chi non possiede il
dispositivo della Lumicon, e prevede l'acquisto in un negozio di articoli
fotografici di un "telescoper" o cannocchializzatore per il vostro tipo
di baionetta fotografica. Si tratta di un sistema ottico composto da un
oculare da 10mm di focale, un gruppo prismatico raddrizzatore di immagine
ed un innesto meccanico femmina a vite o a baionetta (a seconda dell'innesto
della vostra marca di fotocamera), ideato per trasformare i comuni obiettivi
fotografici in cannocchiali terrestri. Viene prodotto e commercializzato
dalla Kenko per tutti gli attacchi, ad un costo dell'ordine delle 160.000-200.000
lire. Il suo utilizzo è semplicissimo: si toglie la fotocamera, lasciando
però l'anello T2 montato sul telescopio e si innesta il "telescoper" al
posto della macchina. Siccome il piano focale dell'oculare si trova esattamente
nella stessa posizione del piano-pellicola della fotocamera, mettendo a
fuoco con il telescoper si metterà a fuoco anche per la fotocamera.
I difetti del sistema sono la corta focale dell'oculare, che obbliga
a fuocheggiare ad alto ingrandimento, e la scomodità , per chi possiede
telescopi a fuoco posteriore, di dover osservare senza diagonale. L'unica
cosa a cui stare attenti è che questi dispositivi prevedono la regolazione
delle diottrie, per compensare eventuali difetti visivi dell'osservatore.
Una errata taratura (occorrono delle prove) può portare ad errori.
Dopo avere eseguito la messa a fuoco si rimonterà la macchina e si
potrà iniziare a fotografare.
L'ultimo sistema è il migliore, sia dal punto di vista teorico che
pratico, e prevede l'acquisto di accessori non proprio economici ma decisamente
efficaci ed affidabili. Anche in questo caso è prevista la rimozione temporanea
della fotocamera, per consentire il montaggio di dispositivi appositivamente
studiati per avere lo stesso tiraggio della macchina e per eseguire la
messa a fuoco al suo posto.
Prodotti da vari fabbricanti, essi sono basati sui test di Focault e
di Ronchi con cui si determina con assoluta precisione il punto esatto
di messa a fuoco del telescopio nella posizione focale desiderata. I migliori
in commercio sono il Multi Funcion Focal Tester (Dispositivo multi-funzione
per il controllo della messa a fuoco) o MFFT della Celestron, importato
dalla ditta Auriga ed il Sure Sharp (Sicuramente Nitido) della Spectra
Source, quest'ultimo non importato in Italia. Il metodo di utilizzo di
questi sistemi ricalca sostanzialmente i metodi descritti in precedenza,
che però sono più empirici.
Per chi può permettersi di spendere 3-400 mila lire per questi dispositivi,
sappia che essi rappresentano LA soluzione al problema della messa a fuoco
del telescopio. Essi infatti offrono l'assoluta sicurezza di avere fuocheggiato
la macchina fotografica in modo perfetto.
EFFETTI DI UNA MESSA A FUOCO NON CORRETTA
Immagini stellari grandi, scarso dettaglio, minore magnitudine limite,
basso contrasto.
IL PUNTAMENTO DEGLI OGGETTI
Â
ASTROFOTOGRAFIA e COMPETITIVITA'
Il profondo cielo esercita un fascino molto forte sugli astrofili, ed ha
generato un certo tipo di cultura astronomica fuori dal convenzionale,
che a mio parere può essere distorta e generare distorsioni. Anche se
può essere antipatico e discutibile criticare i vari modi di intendere
un hobby, che come passatempo dilettantistico si pratica per puro piacere,
trovo importante ricordare che l'Astronomia è qualcosa di più di un passatempo,
o almeno può esserlo per il dilettante volenteroso: è una Scienza. Nell'Astronomia
del profondo cielo praticata con mezzi visuali, l'astrofilo diventa un
collezionista di oggetti "visti", ed è sempre alla ricerca di nebulose
e galassie sempre più deboli. Nel corso delle osservazioni il cacciatore
di oggetti del profondo cielo impara a conoscere il cielo in modo eccellente,
e questo è utile e formativo. Quando questo astrofilo decide di passare
dall'astronomia visuale alla fotografia per il desiderio di immortalare
sulla pellicola quanto ha visto in diretta al telescopio, non ho nulla
da eccepire.
Purtroppo però esistono moltissimi, troppi astrofotografi che non conoscono
il cielo, non avendo fatto il necessario tirocinio visuale e non hanno
una sufficiente cultura astronomica. Essi sono quindi dei "fotografi" che
hanno per soggetto il cielo. Non sono interessati agli oggetti fotografati
ma solo al loro aspetto estetico, e giungono a credere di possedere improbabili
capacità "artistiche", dimenticando che la fotografia astronomica è un
puro tecnicismo. Queste caratteristiche non sono però negative in quanto
tali (sono tutt'al più un po' buffe), ma possono diventare molto fastidiose
quando vengono affiancate allo spirito competitivo che notoriamente contraddistingue
i fotografi o i pittori dilettanti, sempre in gara (con odio) tra loro.
Lo spirito competitivo non fa bene alle associazioni culturali perché
genera tensioni tra gli associati ed ostacola l'instaurazione e la conservazione
dell'indispensabile sentimento di amicizia e di collaborazione.
FINALIZZAZIONE DELLA FOTOGRAFIA AMATORIALE DEL PROFONDO CIELO
Esistono molti modi di finalizzare l'astrofotografia del profondo cielo
Prima fra tutte, la sorveglianza del cielo, che spesso ha portato alla
scoperta di comete, novae e supernovae. La fotografia è anche utilizzabile
per studiare il comportamento delle stelle variabili a medio ed a lungo
periodo e per studiare l'evoluzione delle chiome e code cometarie. Un utilizzo
pratico ma non scientifico è la compilazione di un atlante fotografico
personale del cielo, realizzato con varie tecniche, soprattutto utilizzando
la fotografia in parallelo al telescopio. Un altro scopo è quello della
sperimentazione di nuove tecniche e di nuovi materiali - dalle pellicole
ai dispositivi elettronici, allo scopo di divulgarne i risultati tramite
articoli su riviste del settore. In questo caso si contribuisce in modo
fattivo alla cultura astronomica della comunità degli astrofili. |