La maggioranza degli astrofili dichiara di preferire gli oggetti del profondo cielo e una buona percentuale di essi ha, come massima aspirazione, quella di riuscire ad ottenere fotografie perfette di questi oggetti.
Questa aspirazione ha alimentato un notevole mercato di telescopi e accessori dedicati all'astrofotografia a lunga esposizione, necessaria per la ripresa di oggetti così deboli ed evanescenti. Fino al 1990 le uniche tecniche disponibili erano quelle foto-chimiche, che comportano l'uso di fotocamera reflex e pellicola fotografica molto sensibile.
Oggigiorno, la disponibilità delle tecnologie di imaging elettronico, basate sui sensori CCD (charge coupled device) al silicio ha quasi completamente soppiantato la fotografia tradizionale a causa della sensibilità notevolmente superiore di questi dispositivi durante le riprese a lunga esposizione. L'uso di queste camere permette all'astrofotografo di aumentare in modo notevole la propria produttività: nel corso di una notte è ora possibile - a seconda del tipo di camera e di telescopio - ottenere da 10 a 50 immagini bene esposte del cielo profondo (a meno che non si lavori con la tecnica LRGB, che richiede tempi di posa molto più lunghi), contro le 2-4 immagini ottenibili con pellicole fotografiche.
Anche se è senz'altro vero che i sensori CCD raffreddati sono molto più sensibili e analitici di qualsiasi pellicola fotografica, è molto comune vedere nelle riunioni dei gruppi astrofili, sulle riviste o su Internet molte immagini CCD chiaramente sottoesposte e piene di rumore elettronico, artefatti (ad esempio raggi cosmici) e sporcizia di vario genere. Se infatti è vero che bastano soli 60 secondi di posa con un comune telescopio amatoriale (15-20cm f/6) per riconoscere l'aspetto della maggior parte degli oggetti più noti del cielo profondo, è in realtà necessario, con le camere CCD più diffuse, allungare la posa ad almeno 10 minuti per raggiungere un sufficiente rapporto segnale/rumore.
Io sono solito esporre, usando i miei telescopi C8 o C11 usati con riduttore di focale f/6.3 "tirato" a f/5 e con una camera SBIG ST-7 (768x512, pixel da 9 micron), almeno 20 minuti spesso 30 minuti (ma recentemente sono passato a 1 ora). Un altro luogo comune molto diffuso nella comunità degli astrofili è che si possano ottenere immagini CCD altrettanto buone spezzettando la posa (ad esempio 20 pose da 1 minuto) piuttosto che facendo una posa unica di durata equivalente (singola posa da 20 minuti).
Questo è vero solo in parte, e dipende da svariati fattori, primo fra tutti la durata delle singole pose che vengono sommate: se le pose sono limitate dal chiarore di fondocielo, sommando n immagini da x minuti si otterranno risultati solo un po' inferiori a una singola immagine da n.x minuti. Se invece le singole brevi pose sono limitate dal rumore di lettura della camera ccd, i risultati saranno molto inferiori sul piano del rapporto segnale/rumore.
Naturalmente durante una singola posa è necessario avere un inseguimento di altissima qualità, il che comporta l'uso di una montatura dotata di un moto orario molto preciso e uniforme, e di una guida altrettanto accurata, eseguita manualmente o (meglio) per mezzo di un inseguitore CCD.
I migliori risultati li ho ottenuti impiegando la modalità Self-Guide della camera SBIG ST-7E, eseguendo la calibrazione prima di ogni posa per verificare che la stella di guida fosse sufficientemente luminosa.