Nel corso del mese di maggio 2004 ho avuto la possibilità di effettuare il test comparativo dei filtri solari per luce integrale Baader Astrosolar (in pellicola polimerica metallizzata) e Thousand Oaks (in vetro metallizzato)
Il telescopio utilizzato è stato un Celestron C8, accuratamente collimato e in equilibrio termico con l’ambiente. Le condizioni atmosferiche del test erano ideali, con il Sole alto sull’orizzonte, cielo perfettamente sereno, seeing piuttosto buono, tale da permettermi di usare anche 200 ingrandimenti sulle zone più contrastate.
Ho inizialmente montato il filtro AstroSolar (densità 5) a tutta apertura, che fornisce un’immagine solare di colore biancastro. Ho subito individuato vari gruppi di macchie, sia al centro del disco solare che al bordo destro, e una certa quantità di facole. Il gruppo di macchie più interessante era molto complesso e strutturato, e c’erano anche una miriade di piccolissime macchie scurissime (tra cui alcuni pori) ai confini del gruppo. Inizialmente ho usato l’oculare Widescan 30mm, (circa 67X), e poi ho aumentato gradualmente gli ingrandimenti per vedere meglio i dettagli, usando il Vixen LVW 22mm, poi il Baader Gen II 14mm, e infine il Pentax XL 10.5mm, ottenendo sempre immagini nitide e contrastate, anche se va detto che a quasi 200 ingrandimenti il seeing cominciava a disturbare la visione, e la massima nitidezza si otteneva solo a tratti.
Ho quindi montato il filtro in vetro Thousand Oaks, sempre a tutta apertura, che fornisce un’immagine solare di colore arancione e meno luminosa rispetto all’Astrosolar. Prima di tutto ho notato la chiara presenza di una "doppia immagine" del Sole, in pratica sul bordo destro del Sole c’era una seconda immagine più debole del bordo solare.
A bassi ingrandimenti 67x – 100x, la nitidezza delle immagini era paragonabile a quella fornita dal filtro concorrente, ma aumentando gli ingrandimenti a 143x e soprattutto a 190x l’immagine era poco nitida, praticamente sfuocata, facendo capire che il filtro non consente di lavorare ad alto ingrandimento.
Il chiaro risultato del test richiede una spiegazione tecnica del perché il filtro in vetro sia di qualità ottica più bassa.
E’ presto detto: se provate a contattare un ottico per chiedergli di costruirvi un disco di vetro ottico piano-parallelo da 200mm di apertura, con le due superfici lucidate al limite di diffrazione da destinare alla costruzione di un filtro solare oppure di una finestra ottica di chiusura, vi chiederà una bella cifra, dell’ordine di grandezza di almeno 800-1000 euro.
Per confronto, il prezzo corrente, tasse comprese, di un filtro solare Thousand Oaks in vetro è di circa 180 euro e comprende, oltre al disco di vetro, il trattamento semi-riflettente, la cella, il lavoro di montaggio del filtro nella cella, la scatola, i costi di spedizione, le tasse.
In realtà si sa benissimo, nell’ambiente dell’ottica, come viene "lucidata" la superficie della stragrande maggioranza delle lastre di vetro (chiamate "lastre Float") destinate a diventare filtri ottici. Il procedimento si chiama Flame Polishing (lucidatura tramite fiamma) o anche "sfiammatura", e non si tratta dunque di un procedimento ottico. Si sottopone la lastra di vetro all’azione di una fiamma molto intensa che ne fonde lo strato superficiale, creando una superficie che appare perfettamente liscia ad un sommario esame visivo (ad occhio nudo). Ma questa "lucidatura" non è di "qualità ottica", e i test interferometrici, o anche solo il test delle frange di diffrazione, che si esegue con una superficie di riscontro sotto una lampada a luce monocromatica, parlano chiaro, mostrando frange di diffrazione molto deformate una qualità che nel migliore dei casi è di qualche lunghezza d’onda (mediamente 8-10 lambda).
E’ possibile ottenere immagini decenti del Sole con un filtro di qualità ottica così bassa? I fabbricanti di questo tipo di filtri economici in vetro (ci sono anche in commercio filtri in vetro di vera e provata qualità ottica, ad esempio gli Zeiss o il Coronado BWL90) contano sul fatto che il seeing diurno è normalmente piuttosto scadente, e questo porta inevitabilmente gli osservatori ad usare bassi ingrandimenti. In queste condizioni la qualità di questi filtri è sufficiente a fornire immagini nitide. Quanto affermato in questo breve articolo fa finalmente giustizia di anni di disinformazione, perlopiù effettuata in buona fede (perché a loro volta "disinformati") da parte dei commercianti e anche delle riviste di astronomia. |