di Raffaello Braga (1999)
Gli Orion Ultrascopic sono oculari
di produzione giapponese (l'azienda americana si limita a marchiarli) e
si collocano - almeno nel prezzo - in una fascia più elevata rispetto,
ad esempio, ai Plössl e agli altri schemi più tradizionali.
Le focali vanno dai 3,8 ai 35 mm, il campo apparente dichiarato è
di 52° (49° per il 35 mm) e il diametro del barilotto è
per tutti di 31,8 mm.
La pubblicità degli Ultrascopic su Sky&Telescope recita pressappoco così: "Il più alto contrasto e trasmissione
luminosa ottenibili. Progetto a 5 o 7 elementi con Ultra Multi Coatings
su ogni superficie. Campo di 52ø. Paraluce in gomma rimovibile,
filettati per filtri". Per verificare se l'efficacia decantata nella
pagina pubblicitaria corrispondesse o meno alla realtà, li abbiamo
confrontati con alcune focali di Celestron Ultima e di Meade
Super Plössl serie 4000, oltre che con altri oculari meno esotici
ma molto validi (ad esempio gli ortoscopici Unitron). Purtroppo
è stato impossibile far coincidere le focali, ma il risultato del
test è comunque indicativo di quelle che sono le caratteristiche
salienti di queste tre serie. Per la prova abbiamo usato uno strumento
di media "severità", vale a dire un rifrattore acromatico a f/9.
Un esame sul cielo diurno e su oggetti lontani del paesaggio ha mostrato
una correzione sufficiente della distorsione lineare negli Ultrascopic di 3,8 e 7,5 mm e una buona opacizzazione interna del barilotto in quasi
tutte le focali. L'unico appunto lo dobbiamo muovere alle focali di 10
e 20 mm che mostravano un riflesso interno, dovuto a un non perfetto annerimento
della filettatura. Complessivamente, però, non ci sono stati problemi.
Sul cielo, l'esame delle immagini di diffrazione di Spica ha evidenziato
una buona correzione delle aberrazioni geometriche, astigmatismo escluso.
Questo, infatti, era particolarmente sensibile nelle focali lunghe, modesto
o trascurabile in quelle corte. Una sorpresa è stata una leggerissima
aberrazione cromatica laterale, presente in tutte le focali. Non dava alcun
fastidio, però, perchè vicino al bordo l'immagine è
di solito intaccata anche da altre aberrazioni e pertanto non si sfrutta.
Osservando la Luna sono poi emersi altri difettucci. Quasi tutte le
focali distorcevano (distorsione angolare) in varia misura (eccetto il
3,8 e il 7,5) più di quanto facessero alcuni oculari ortoscopici
giapponesi usati come paragone. L'osservazione del bordo lunare confermava
la presenza di un lieve cromatismo (proprio solo all'estremità del
campo) ed evidenziava inoltre la presenza di una certa quantità
di luce diffusa, fastidiosa nelle corte focali e superiore a quella ci
aspettavamo, vista l'enfasi pubblicitaria sul trattamento antiriflessi.
Anzi, a conferma che il progetto non fosse adeguato da questo punto di
vista, gli oculari da 3,8, 5, 30 e 35 mm mostravano un'evidente immagine
fantasma al centro del campo.
In quasi tutti gli oculari l'immagine della Luna mostrava una buona
nitidezza, non entusiasmante ma sufficiente a distinguere bene le formazioni
superficiali, le sfumature di grigio e i confini tra le zone di ombra e
di luce. Nelle focali corte (3,8 e 5 mm), invece, il contrasto era più
scarso. Nel 3,8 mm era leggermente inferiore a quello di un ortoscopico
da 4 mm, mentre nel 5 mm era ancora più basso e decisamente inferiore
a quello esibito dagli ortoscopici, dal Meade Serie 3000 da 5 mm
e dal Celestron Ultima da 5 mm usati per confronto. Tra l'altro
l'OR5 si è dimostrato superiore anche al Celestron da questo
punto di vista. Sempre nel test sulla Luna, l'Ultrascopic da 20
mm era paragonabile a un orto Polarex-Unitron (vecchio tipo) da
18 mm e al Celestron Ultima da 24. Il contrasto era in genere migliore
sulle focali medie e lunghe, che però sono meno utili di quelle
corte nelle osservazioni ad alta risoluzione. Questo, assieme alla presenza
di luce diffusa, è senza dubbio il maggiore difetto che abbiamo
riscontrato negli Orion.
Last but not least, l'estrazione pupillare si è rivelata
scarsina, a dispetto della dimensione generosa delle lenti in tutte le
focali e dei dati tecnici forniti dal costruttore. In realtà il
giudizio su questa caratteristica può variare da un osservatore
all'altro. Non disponendo, per ora, di un banco ottico ci siamo basati
sulla possibilità di osservare agevolmente il bordo del campo senza
avvicinare l'occhio fino a strisciare le ciglia sulla lente più
esterna. Gli oculari da 7,5 e 10 mm avevano un'estrazione pupillare decisamente
insufficiente e da questo punto di vista erano più scomodi di un
ortoscopico da 6 mm. Anche l'Ultrascopic da 3,8 mm era più
scomodo dell'ortoscopico da 4 mm (!). Sufficiente o persino abbondante,
invece, l'estrazione pupillare delle altre focali, in particolare di quelle
lunghe. Il 30 e il 35 mm, in particolare, erano veramente "ultrascopici"
e sembrava di osservare in un campo superiore ai 49ø-52ø
dichiarati.
Cosa dire del paragone con oculari di pari categoria, tipo i Celestron
Ultima e i Meade serie 4000, sulle lunghe focali ? I risultati
del test sugli oculari di confronto sono riportati nelle tabelle e da essi
si deduce facilmente che gli Ultima (come già mostrato a
suo tempo in un test pubblicato da Sky&Telescope) si sono dimostrati
i migliori. Drammatica, soprattutto, la differenza di contrasto tra il
5 mm Ultrascopic e il 5 mm Ultima, quest'ultimo senz'altro
da preferirsi per le osservazioni lunari e planetarie. Migliore anche la
protezione dalla luce diffusa e dalle riflessioni interne: il fondo cielo
vicino al bordo lunare appariva più scuro nei Celestron rispetto
agli Orion. Ottima anche la correzione delle aberrazioni geometriche
(l'astigmatismo era evidente solo nelle focali lunghe), della distorsione
e dell'aberrazione cromatica. A voler trovare dei difetti si può
citare l'estrazione pupillare del 5 mm, inferiore a quella di un ortoscopico
di pari focale, e la filettatura sbagliata del 12,5 mm che creava grosse
difficoltà all'inserimento dei filtri. Il 42 mm possiede poi un
campo significativamente minore rispetto all'Ultrascopic da 35 mm,
anche se il campo corretto di quest'ultimo è più piccolo.
Anche i Meade 4000 hanno superato bene la prova, benché
si potesse fare di più per correggere la distorsione e l'astigmatismo.
La prima, in particolare, risultava fastidiosa già a pochi gradi
dal centro del campo nel 26 e nel 32 mm. Il contrasto è risultato
molto buono, con poca o nessuna luce diffusa e assenza di immagini fantasma.
Ottimi il design, l'intubazione e anche la confezione di plastica con chiusura
a vite, molto utile e senz'altro più pratica della solita scatoletta.
Tra le (poche) pecche, l'oculare da 32 mm ha il barilotto dimensionato
male che costringe l'occhio a stare troppo lontano dalla lente esterna:
questo rende difficile apprezzare l'intero campo visivo. In generale, sulle
focali lunghe abbiamo trovato preferibili gli Ultrascopic per la
distorsione un po' minore e la maggiore "panoramicità".
La trasmissione luminosa, valutata solo in senso relativo su stelle
al limite della visibilità, è risultata paragonabile per
tutte le tre serie provate, ma leggermente superiore negli Ultima.
Le conclusioni che si possono trarre dal test sono le seguenti. Considerando
il prezzo di listino, gli Orion Ultrascopic non ci sembrano costituire
un acquisto ideale dal punto di vista prestazioni/prezzo, soprattutto nelle
focali corte e dal punto di vista dell'osservazione ad alta risoluzione,
vista la superiorità degli ortoscopici classici. Per il cielo profondo,
invece, le focali di 30 e 35 mm meritano effettivamente di essere considerate
per il grande campo apparente, la qualità complessiva e il prezzo
vantaggioso rispetto agli oculari di analoga focale venduti dalla concorrenza.
Anche sulla convenienza dei Celestron Ultima ci sarebbe qualcosa
da dire. Sono senz'altro oculari eccellenti, probabilmente quanto di meglio
si può trovare in questa fascia di prezzi, se si eccettuano i Plössl
Tele Vue. Chi osserva astri estesi e ha bisogno di un campo ben corretto
(telescopio permettendo) apprezzerà sicuramente l'ottima correzione
complessiva delle aberrazioni cromatiche e geometriche. Il prezzo di listino
degli Ultima è però un po' alto in rapporto alle loro
effettive capacità. Il 5 mm, ad esempio, costa più del doppio
di un ortoscopico di pari focale ma in alta risoluzione non offre alcun
vantaggio rispetto a questo, in particolare al centro del campo dove l'ortoscopico
dà l'impressione di una maggiore nitidezza. L'estrazione pupillare,
inoltre, è scarsa e rende difficoltoso apprezzare il maggior campo
apparente rispetto all'orto. Il 42 mm (solo 36ø di campo) costa
poco meno di un Pentax XL, ma le prestazioni di quest'ultimo sono
letteralmente su un altro pianeta rispetto al Celestron. Più
convenienti degli Ultima sono i Meade serie 4000, preferibili
agli Ultrascopic nelle focali corte (le abbiamo provate in altre
occasioni ma non ne riferiamo qui) ma non altrettanto validi in quelle
lunghe.
Il nostro consiglio a chi intende acquistare oculari in questa fascia
di prezzi è quello di domandarsi prima se ne valga la pena. Gli
osservatori di oggetti estesi, come le nebulose diffuse e gli ammassi stellari,
hanno effettivamente buoni motivi per dotarsi di oculari corretti fino
al bordo, caratterizzati da poca luce diffusa e immagini poco distorte
(ma, lo ripetiamo ancora una volta, la correzione dipende anche dal telescopio
che si usa). Ignorando per un attimo il discorso sulla convenienza, gli Ultrascopic di focale media e lunga o gli Ultima potrebbero anche andare bene,
ma visto che occorre mettere in budget una certa spesa tanto vale compiere
il salto ai Pentax XL o ai Tele Vue Radian, Nagler e Panoptic:
costano di più ma le prestazioni sono in proporzione. Chi invece
è interessato prevalentemente all'osservazione dei pianeti e delle
stelle doppie può tranquillamente acquistare oculari più
economici, con poche lenti, ad alto contrasto e ben corretti al centro
del campo, tipo i Meade serie 3000 o gli ortoscopici Unitron.
CARATTERISTICHE TECNICHE |